In attesa del raggiungimento dell’approvazione comunitaria del pacchetto di norme comunitarie per la tracciabilità dei prodotti europei, le imprese provvedono da sè.
Già nel 2008, il consiglio direttivo di Itf-Italian textile fashion, l’organismo delle Camere di Commercio per la valorizzazione del sistema moda, aveva messo a punto la T&F Traceability & Fashion, l’etichetta di tracciabilità tessile volontaria comprensiva di 4 voci: il Paese dove è avvenuta la filatura, la tessitura, la nobilitazione e il confezionamento.
Oggi, con la duplice certificazione, ci si pone l’obiettivo di garantire la tracciabilità e la sicurezza dei prodotti con l’importante specifica del non utilizzo di prodotti nocivi nella lavorazione dei tessuti.
La prima certificazione dovrà essere richiesta dalle aziende a Unionfiliere (organismo di Unioncamere) mentre la seconda all’Associazione Tessile e Salute.
Oltre alle virtuose catene di abbigliamento di “pronto moda” H&M e Mango, anche colossi come Valentino e Benetton hanno già intrapreso un percorso per l’eliminazione delle sostanze tossiche.
I primi risultati di questa “voglia di trasparenza” non si sono fatti attendere; pare infatti che una nutrita schiera di buyers nipponici siano già in procinto di incontrare le prime 10 realtà del distretto italiano che hanno intrapreso questo cammino all’insegna dell’onestà e chiarezza: Filatura DiVè, Filatura Lane Cardate, Lanificio Successori Reda, Filatura Sabotex, Tintoria Mancini, Lanificio Vitale Barberis Canonico, Tintoria Finissaggio 2000, Ripettinatura Alberto, GTI (Gruppo tessile industriale).