Facciamo due conti sui Saloni di Montecarlo, Cannes e Genova tenendo conto che, a oggi, il dato circa il numero di barche vendute e “affari conclusi” non si conosce.
In occasione del Monaco Yacht Show, in rada a Montecarlo, “the place to be”, c’erano circa un centinaio di yacht. Quanti di questi saranno stati venduti? Mistero.
GLI ESPOSITORI. 750 aziende hanno animato l’evento di Genova, dislocate su una superficie di 180.000 mq, contro le 480 a Cannes. Qui 1/3 degli espositori era italiano, il 50% della superficie del salone (300 mila mq) era occupato da aziende italiane e il 40% delle barche esposte proveniva da cantieri del Bel Paese.
IMBARCAZIONI. Al Salone di Genova era possibile ammirare 1.000 barche (di cui 100 in anteprima) contro le 550 di Cannes (di cui 150 novità). Le barche a vela presenti erano 51 a Genova e 90 a Cannes.
VISITATORI. La kermesse italiana ligure è la cartina al tornasole della situazione del settore. Ha, infatti, richiamato 114.870 presenze contro 176.280 del 2012 e oltre 226.000 nel 2011.
L’importante salone di Cannes vive una situazione altalenante: nel 2011 ci furono quasi 54.000. L’anno scorso, invece, il dato definitivo scese fino a 45.600 visitatori, una brutta caduta. Quest’anno il risultato è stato più confortante: 49.000.
Come a Genova e Cannes, anche nel Principato di Monaco non si sono viste molte novità. Tra queste è certamente da citare l’Admiral Tecnomar, un motor yacht dalla linea scolpita (a nostro parere, forse un po’ troppo squadrata rispetto al trend attuale che prevede linee più filanti) che fa parte di una nuova linea di imbarcazioni che appartengono alla fase di rilancio del cantiere.
Baglietto e Benetti hanno presentato modelli varati inizio estate mentre Wally ha portato il Wally 100, un’imbarcazione molto “tirata” e con una personalità molto sportiva.
Tra le barche piu piccole, abbiamo sicuramente apprezzato il tender di Wooden Boats dell’ing. Arnaboldi, barca dal design originale realizzata in legno con particolari tecniche di incollaggio.
Il megayacht più grande presente al MYS è stato il Quattroelle da 6 ponti del cantiere tedesco Lürssen, a detta di molti tra i migliori costruttori di yacht al mondo.
Ci siamo confrontati con persone che vivono il mare, del mare e per il mare per meglio comprendere, banalità a parte, quali potrebbero essere le ricette per tornare a “cavalcare le onde”.
Almeno nell’immediato, riuscire a risalire la corrente attuale pare difficile mentre, secondo molti, è ormai impossibile tornare ai fasti degli Anni 90 e 2000 quando i cantieri italiani erano pieni di imbarcazioni di lusso da costruire e il mar Mediterraneo visto dall’alto era disseminato di tanti punti, non puntini bianchi.
Dopo il duro colpo subito dal mercato italiano della nautica degli ultimi anni, sembrerebbe che l’interesse per le barche dislocanti stia iniziando a ridare un po’ di respiro a un comparto che, da ormai troppo tempo, fatica a muoversi.
L’aria di Monaco è sempre buona; bisogna osservare, tuttavia, che il cliente tipico di un super yacht difficilmente avverte gli sbalzi della situazione economica.
A proposito di S.Y., si evidenzia un trend positivo dell’Italia che, con il 39%, si attesta il leader del mercato globale (il tutto quasi esclusivamente per gli armatori stranieri).
L’aria che si respira è quasi “profumata” nei cantieri nordici mentre in quelli italiani è, anche giustamente, più pesante: la solidità delle banche e la difficoltà nell’accedere a finanziamenti per le proprie costruzioni preoccupa non poco.
Il 70-80 % della nautica pleasure è riservato alle imbarcazioni a motore, lasciando solo il 20-30% agli yacht a vela, ancora poco considerati a causa di un’eccessiva scomodità e per essere troppo “chiusi” rispetto ai megayacht a motore, più ampi e luminosi.
Per il 90% degli scafi non si segnala nulla di nuovo: il materiale strutturale dominante è sempre e solo la vetroresina mentre si torna a vedere qualche gommone “pieghevole” come quelli degli albori con interessanti paiolati e strutture smontabili in alluminio.
Per quanto concerne la motorizzazione dei M.Y., il diesel continua a farla da padrone; qualcuno azzarda nuovi sistemi ibridi ma siamo ancora all’anno zero. Si parla più facilmente di ibrido sulle barche più piccole, fino a 10-12 metri.
La nautica di un tempo la dobbiamo lasciare al passato; dovremmo cercare di scoprire un nuovo modo di vivere il mare, un modo tutto da creare e inventare.
Immaginiamo barche sempre meno veloci, più comode, più luminose e vivibili; yacht vissuti come seconde case con spiaggia privata che consentano di spostarsi in silenzio da una località all’altra: una nautica consapevole della fragilità dell’ambiente, che lo rispetta e lo preserva.
Almeno per quanto riguarda il mercato europeo, sarebbe auspicabile un nuovo approccio innovativo non solo per il design e l’utilizzo dei materiali ma anche per quanto riguarda la gestione delle marine e dei processi di produzione, fermi a 30 anni fa, bloccati nelle giungle dei subappalti nei cantieri.
Bisognerebbe cercare di abbattere i costi di mantenimento delle unità piccole e medie, migliorare il marketing e la comunicazione di settore, a nostro avviso troppo deficitaria, garantendo appeal anche a barche “normali” e con motorizzazioni “umane”.
Probabilmente nei mercati emergenti o “storici”, come quello americano, si riusciranno a continuare a vendere le barche che si sono fatte negli ultimi 20 anni infarcendole di gadget, domotica ed elettronica di bordo per dare la sensazione che si stia facendo qualcosa di nuovo.
In generale, oggi non basta più millantare nuove tecnologie o giocare coi gadget, oggi il cliente si aspetta veramente delle innovazioni che siano tali.